Come funziona il benchmarking

Giusy Neri

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Come abbiamo avuto modo di rammentare su queste pagine pochi giorni fa, il benchmarking è uno studio delle migliori pratiche altrove e l’applicazione dei risultati all’interno della propria organizzazione.

Tali analisi possono essere molto ampie (benchmarking generico), a livello industriale (benchmarking industriale), specifiche per una funzione aziendale come l’acquisto (benchmarking funzionale), o mirate ad un particolare processo (benchmarking delle prestazioni).

La procedura generale prevede la selezione di un target, l’identificazione dei migliori professionisti, l’esame delle migliori pratiche attraverso interviste e altri mezzi, l’analisi dei risultati e l’introduzione di qualsiasi modifica interna necessaria per applicare le scoperte fatte. A meno che la pratica non sia ben integrata e istituzionalizzata, gli ostacoli ad un benchmarking efficace abbondano, specialmente nelle organizzazioni più piccole.

Programmi formali di solito richiedono un notevole impegno di tempo per il personale e spese dirette. Per ottenere il massimo effetto, quindi, il coinvolgimento del top management è vitale ma non sempre imminente: iniziative di benchmarking possono sorgere a livelli più bassi per “spingere” il top management a applicare determinate pratiche

L’individuazione delle migliori pratiche può inoltre rivelarsi difficile e può comportare costi aggiuntivi. È ovviamente più difficile confrontare i concorrenti diretti: essi tendono ad evitare di condividere il segreto del loro successo! Una volta identificate le migliori pratiche, poi, la loro analisi può presentare serie difficoltà. Spesso le “migliori pratiche” sono dovute a circostanze uniche, a volte qualità intangibili come una personalità di spicco, e sono quindi molto difficili da adottare.

Infine, l’applicazione delle migliori pratiche può essere contrastata con ferocia all’interno dell’azienda che si propone di migliorare. Per questi motivi, i programmi di benchmarking hanno maggior successo quando i loro obiettivi sono piuttosto limitati e quantificabili, la consapevolezza del problema all’interno dell’azienda è diffusa e condivisa, le migliori pratiche sono ragionevolmente accessibili e l’attuazione è ben “ricompensata” da premi & co.

In tal senso, il business benchmarking tende ad essere il metodo più adatto alle grandi istituzioni, centralizzate e burocraticamente organizzate. Le aziende più piccole a volte ci provano, ma il successo sembra richiedere un’efficace partecipazione del top management che spesso non è garantito al loro interno. La maggior parte dei manager considera infatti le proprie imprese troppo uniche per garantire un confronto dettagliato tra i vari settori industriali. Non notano confronti validi e, pertanto, non riconoscono alcun beneficio significativo dall’esame delle pratiche al di fuori delle proprie stanze.

C’è anche l’ulteriore considerazione che le piccole imprese spesso vogliono usare il proprio budget in altro modo, e non certo analizzando concorrenti vicini e lontani…

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